Castello di Pietra Ligure

800px-PietraLigureCastelloIl castello di Pietra Ligure è un edificio difensivo situato alle spalle del centro storico di Pietra Ligure.

L’antico nome di Pietra Ligure era La Pietra, e faceva riferimento all’imponente scoglio calcareo che si trova a levante del centro storico, sopra il quale fu costruito il castro romano. Il castello, ingrandito nel periodo delle invasioni barbariche e saracene (VI-IX secolo), era di proprietà vescovile e raggiunse le sue attuali dimensioni nel XVI secolo. Si ritiene che questo sbarramento naturale, facilmente difendibile, costituisse un caposaldo di confine fra i Bizantini e i Longobardi.

Il castrum bizantino fu distrutto probabilmente dal re Rotari, ma nello stesso sito sorse nel XII secolo il castello medievale, roccaforte dei vescovi di Albenga, soggetta allora a frequenti attacchi da parte dei Del Carretto di Finale. Ad ovest del castello si sviluppò un borgo, cinto da mura turrite e dotato di cinque porte: la porta della marina protetta da un bastione a sud, la porta di Santa Caterina vicino all’omonimo oratorio campestre a nord, la porta del portino protetta dalla torre di via Rocca Crovara e la porta reale ad ovest, la porta del macello ad est. Dopo alterne vicende, il borgo fu definitivamente ceduto dal papa Urbano VI a Genova, nel 1385, e acquistò notevole importanza quale punta avanzata della Repubblica tra il Finalese e Loano, feudo dei Doria.

Il castello rimase invece proprietà dei vescovi di Albenga, che lo cedettero agli Arnaldo alla fine del Trecento. Passò poi in possesso di altre famiglie patrizie e fu ampliato nel 1550 con l’aggiunta di un’ala verso sud-ovest, di un arco nella parte est oltre alle due garitte. A causa delle scorrerie saracene il piazzale superiore venne armato con due grossi cannoni, che sul finire del XVIII secolo in vista dell’invasione francese vennero rimandati a Genova. La parte medievale, alla fine degli anni cinquanta del XX secolo, è stata ristrutturata e trasformata in locale di ritrovo. La solida muratura appoggiata direttamente sulla roccia, la posizione impervia, i passaggi voltati e i bassi locali delle segrete conosciuti come “Grimaldina”, per il fatto che vi furono imprigionati due fratelli Grimaldi di Monaco alla fine del Trecento, giustificano l’importanza che il castello esercitò nel sistema difensivo locale.

Santuario dei Santi Cosma e Damiano di Magliolo

800px-Magliolo-santuario_cosma_e_damiano-panoramica

Il santuario dei Santi Cosma e Damiano è un luogo di culto cattolico situato nel comune di Magliolo, in piazza Santi Cosma e Damiano, in provincia di Savona.

220px-Magliolo-santuario_cosma_e_damiano-cappella
L’attuale costruzione del santuario risale al 1716 su una precedente struttura del XVII secolo. L’edificio è posto all’estremo ponente del capoluogo, su di un contrafforte che domina la val Maremola, la vallata di Isallo e il suo itinerario di accesso che si snoda attraverso le gole calcaree dell’alta valle.

Il poggio, anticamente isolato dalle abitazioni, era incrocio di antiche mulattiere che collegavano il mare con il passo del Melogno e verso Isallo.

La dedica ai santi Cosma e Damiano – patroni dei medici e dei chirurghi – si deve probabilmente a memoria di qualche preesistente ospizio per la cura di viandanti e infermi.

Castel Govone di Finale Ligure

download

Castel Gavone (o Govone) era la sede principale dei marchesi Del Carretto, signori di Finale. È situato presso l’odierna frazione di Perti a Finale Ligure, in provincia di Savona.

Alla fine del XII secolo (molto probabilmente a partire dal 1172[1]) Enrico I Del Carretto o suo figlio Enrico II stabilirono una “caminata”, cioè un palazzo feudale, sopra il colle del Becchignolo, lo sperone roccioso che domina Finalborgo, capitale del marchesato; esso venne ampliato e fortificato da Enrico II nel 1217. Fu demolito parzialmente nel 1448 dalla Repubblica di Genova e subito ricostruito da Giovanni I Del Carretto tra il 1451 e il 1452.

Nel corso del secolo successivo il castello fu ulteriormente ampliato ad opera di Alfonso I Del Carretto, del figlio Giovanni II e del nipote Alfonso II. Il progetto di questi ampliamenti è un tipico esempio della cosiddetta “architettura militare di transizione” e sembra ispirato da Francesco di Giorgio, con cui Alfonso dovrebbe aver avuto occasione d’incontrarsi a Roma e forse a Milano. Il primo intervento fu l’aggiunta di un corpo di fabbrica triangolare culminante nella “Torre dei Diamanti” (circa 1490), una torre a forma di carena di nave e coperta da uno splendido bugnato. Il nuovo corpo serviva a difendere il castello da attacchi di artiglieria dal lato del pendio che scende verso il mare.

Poco dopo, nel secondo o terzo decennio del XVI secolo cominciò la realizzazione di una cinta rettangolare esterna, la cui costruzione fu completata negli ultimi anni di dominio carrettesco (ante 1558).

Ulteriori opere esterne, ma finalizzate alla sicurezza del castello, furono realizzate sotto il dominio spagnolo. L’intervento principale fu la costruzione nel 1643 di Castel San Giovanni, che protegge il pendio sotto il castel Gavone, impedendovi l’installazione di artiglierie nemiche[2]. L’ultimo importante intervento, opera di Gaspare Beretta nel 1674, fu lo sbancamento di uno spalto roccioso sul lato settentrionale, sempre per impedire che ci si potessero fortificare gli attaccanti. Simultaneamente furono realizzate alla base della cinta esterna una traversa, una punta e una strada coperta per impedire l’approssimarsi di genieri nemici.

Il castello fu nuovamente demolito da artificeri genovesi nel 1715 dopo l’acquisto del Marchesato da parte della Repubblica di Genova.

Il 29 dicembre 1989 il castello fu donato al Comune di Finale Ligure, che attualmente sta provvedendo ad un recupero finalizzato alla conservazione e alla fruizione turistica delle imponenti rovine.

Colle del Melogno

800px-Colle_del_Melogno

 

Il colle del Melogno (1.027 m s.l.m.) è un valico delle Alpi Liguri situato nella Provincia di Savona. Collega la città di Finale Ligure, nella riviera ligure di ponente, al comune di Calizzano in val Bormida, e quindi al Piemonte tramite la Val Tanaro.
Il valico è collocato sulla catena principale alpina. Sul suo versante nord si trovano estese faggete, tra cui la Foresta demaniale della Barbottina, con faggi secolari di altezza superiore ai 50 metri. Accanto al faggio crescono la betulla, il pino silvestre, l’acero montano e il frassino maggiore.

Il colle del Melogno è raggiungibile percorrendo la ex strada statale 490 del Colle del Melogno, ora SP 490. Il colle è un terminale di tappa dell’Alta via dei Monti Liguri. Secondo la classificazione SOIUSA il valico separa il Gruppo del Monte Settepani dal Gruppo del Monte Carmo.

Il valico ha sempre rappresentato una grande importanza strategica. Nel 1795 fu teatro di una battaglia tra l’esercito occupante francese, comandato dal generale Andrea Massena, e l’esercito austriaco, che riuscì a riconquistare il colle.

Sul valico sono tuttora presenti le fortezze della piazza militare del Melogno (detto anche “Sbarramento del Melogno”), realizzata nel 1883-1895[2] dal Regio esercito italiano per difendere l’accesso del passo: accanto al forte Centrale del Melogno – che occupa la depressione del valico – sorgono il forte Tortagna, il forte Settepani (zona militare) e la batteria di Bricco Merizzo.

27 novembre 1944: 17 alpini della Repubblica Sociale Italiana, Battaglione Cadore, divisione Monte Rosa, vennero catturati e giustiziati da partigiani della 5ª Brigata Garibaldi.

Museo dell’Orologio da Torre di Tovo San Giacomo

IoIl Museo nasce dalla volontà dell’ultimo orologiaio Giovanni Bergallo che espresse il desiderio di donare la sua collezione al proprio paese per esporla come testimonianza dell’arte orologiaia e della tradizione familiare per le macchine del tempo.

500_500_x_0_p17hjsmmjo9vq8pv1f29o0i1v2hc

I Bergallo costruirono orologi da torre fra il 1861 e il 1980 nella casa-officina dove si svolse tutta la loro attività. I loro orologi furono installati in Liguria, Piemonte, Val d’Aosta, Valtellina e quello più lontano in Patagonia.

Gli orologi esposti sono pezzi autentici (il più antico risale al XVI secolo) raccolti dalla famiglia Bergallo stessa e provenienti da donazioni di collezionisti, chiese ed altri enti.

Oltre agli orologi troverete quadranti, lancette, “stranezze” provenienti da campanili, carrucole, tutti oggetti attestanti una ricca storia della tecnica e della meccanica orologiaia ormai irripetibile.

 

Fonte: http://www.museodellorologio.it

Grotte di Borgio Verezzi

Le grotte di Borgio Verezzi offrono un percorso turistico, che si snoda per circa 800 metri all’interno di grandi sale, tra enormi blocchi staccatisi dalla volta in ere remote.

ricchissime-le-concrezioni

Ricchissime le concrezioni di ogni forma: dalle cannule, esili e quasi trasparenti, ai drappi, sottili come lenzuoli, alle grandi colonne che sembrano sostenere la volta fino alle stalattiti eccentriche, che sfidano la forza di gravità sviluppandosi in tutte le direzioni.

E dappertutto i colori: bianco, giallo, rosso in mille sfumature diverse. Dovuti alla presenza di svariati minerali, fanno delle Grotte di Borgio Verezzi la grotta turistica più colorata d’Italia.

Fonte: https://www.grottediborgio.it

La Via Ferrata Alpina

La via ferrata alpina è un percorso che si sviluppa su una parete rocciosa, attrezzato con cavi d’acciaio, scale e gradini, in modo da permettere agli escursionisti-alpinisti di camminare o arrampicare su di essa, in tutta sicurezza, facilitandone la salita.
La via ferrata, quindi, si pone come un percorso tra l’escursionismo classico e l’alpinismo, tra il camminare e l’arrampicare.

L’idea di attrezzare in modo provvisorio o permanente i tratti più impegnativi e rischiosi delle vie di salita ai monti è antica quanto l’alpinismo: sulle Alpi, in località fra loro diverse e lontane, i montanari attrezzavano alcuni passaggi con corde fisse e scale per facilitare il cammino nel recarsi in luoghi di difficile accesso, per salire o calarsi da pianori ove si falciava l’erba, per superare rii, anfratti, precipizi.

Sulle montagne tedesche ed austriache, già all’inizio dell’Ottocento, vennero realizzati percorsi attrezzati con funi e appigli artificiali.

Con il sopraggiungere della prima guerra mondiale molti sentieri e passaggi sulle Dolomiti sono allora attrezzati per finalità esclusivamente belliche, come percorsi sul fronte di guerra: nascono le “strade degli Alpini” o “la ferrata delle trincee” riprese, successivamente, per scopi turistico-escursionistici.

Analogamente sul fronte delle Alpi Occidentali, sul confine franco-italiano, nella seconda guerra mondiale, questi interventi si ripeteranno per permettere alle truppe alpine di svolgere spostamenti abituali con minore rischio e maggiore rapidità possibile.

Il ritrovato benessere economico e l’incremento del turismo alpino, dopo gli anni Settanta, portarono allo sviluppo di sentieri attrezzati, soprattutto nelle Dolomiti, la patria delle vie ferrate, allo scopo non solo di pura ascensione alle cime, ma anche per realizzare traversate particolarmente interessanti per storia, natura e paesaggi. Questi percorsi, creati con finalità meramente di svago, presentano caratteristiche più sportive e atletiche.

GLI UTILIZZATORI DOVRANNO ESSERE MUNITI DI PROPRIE DOTAZIONI DI SICUREZZA (IMBRAGATURA, CASCO, ECC)

Panorama Ferrta Magliolo

La Costa dei Balzi Rossi

La Costa dei Balzi Rossi è situata nella valle del Maremola nel territorio del comune di Magliolo: è una struttura orografica che evidenzia una peculiare roccia di colore rossastro, e costituisce la cresta Est del Bric dell’Agnellino m. 1335.

La costa si sviluppa tra le quote altimetriche m. 675 e m. 1309, presentando quindi un dislivello di 634 metri.

Dal punto di vista geologico le rocce rossastre della costa dei Balzi Rossi, da qui naturalmente viene il toponimo, sono rioliti ignimbritiche K-alcaline, costituenti la facies più caratteristica della Litozona D dei Porfiroidi del Melogno.
La “via ferrata degli artisti” alla Costa dei Balzi Rossi

La ferrata degli artisti è la prima ferrata realizzata in provincia di Savona: si tratta di un percorso attrezzato di medio-alta difficoltà che si sviluppa sulla parete rocciosa dei Balzi Rossi, una struttura orografica affacciata sulla val Maremola caratterizzata da una roccia di colore rossastro che da il nome alla parete.

La via ferrata si presenta come un sentiero attrezzato che si sviluppa tra le quote altimetriche di m. 675 e m. 1309, presentando quindi un dislivello di 634 metri; l’introduzione di adeguati cavi e staffe di acciaio che agiscono prima come presa per le mani e poi come gradino per i piedi, permettono agli escursionisti-alpinisti di camminare o arrampicare su di essa, in tutta sicurezza, facilitandone la salita.

La via prevede uno sviluppo di circa m. 1500 di cavo metallico, con una variante facoltativa, più impegnativa, per le persone esperte. Una particolare citazione si riserva al ponte tibetano lungo circa 40 metri: sospeso all’interno di una profonda gola, offre la possibilità di provare l’emozione dell’essere sospesi a 50 metri nel vuoto.

L’arrampicata inizia con una salita piuttosto impegnativa sulla parete rossastra, ed è alternata da alcuni tratti di sentiero lungo i quali prendono forme alcune opere di “pittura acrobatica”. Accompagnati da questi arditi gesti artistici, si attraversano successive tratte, sino ad arrivare al ponte sospeso, una delle peculiarità della ferrata, che conduce all’ultima parte della salita: essa unisce la difficoltà del percorso in parete alla bellezza del panorama che abbraccia la vallata.

Con la creazione della via ferrata è seguito il ripristino di un antico percorso che permette il ritorno a valle, al punto di partenza, e la realizzazione di alcuni sentieri di uscita laterali (vie di uscita) che consentono un comodo ritorno alla base in caso di maltempo o di contrattempi di diversa natura, oppure di raggiungere, comunque, il culmine della Costa e il Bric dell’Agnellino per un itinerario esclusivamente escursionistico.

La realizzazione della “via ferrata alla Costa dei Balzi Rossi” ha una duplice valenza: la prima, ovviamente, quella di sentiero alpinistico attrezzato a sè stante, la seconda, sarà quella di un emozionante percorso di collegamento con l’Alta Via dei Monti Liguri tracciata in prossimità del Bric dell’Agnellino, permettendo un originale legame tra i percorsi del versante marino nell’entroterra della Val Maremola, tra cui il Sentiero delle Terre Alte e le Alpi Liguri.

La creazione della “via ferrata alla Costa dei Balzi Rossi” è inserita in un piano di ripristino e valorizzazione della rete sentieristica del Comune di Magliolo.

Questa rappresenta un segno tangibile della capacità di uomini che per molte generazioni hanno curato con estrema perizia e abilità un territorio impervio come quello dell’alta val Maremola, espressione di una civiltà contadina quasi del tutto scomparsa.
La ferrata degli artisti: un museo verticale

Si tratta del primo museo outdoor in Italia che coniuga escursionismo, alpinismo, arte e ambiente, al fine di rendere più interessante l’escursione sulla via ferrata: sono state già collocate lungo il percorso della ferrata le prime opere artistiche che fanno parte della collezione permanente, legate al tema della montagna ligure e della sua cultura; la “ferrata degli artisti alla Costa dei Balzi Rossi” È un vero e proprio museo in verticale, en plein air, al quale il visitatore può accedere sia attraverso il percorso attrezzato, sia tramite i sentieri di uscita.

La pittura acrobatica di Mario Nebiolo

pittura acrobatica ferrata Magliolo

Le opere realizzate da Mario Nebiolo sulla ferrata sono figure a metà tra pittura e scultura, ricavate dalla roccia e facendone risaltare attraverso il colore, le forme ed i volumi che evocano presenze umane.
Le caratteristiche del colore usato fanno si che nel tempo, interagendo con i fattori climatici, le figure si modifichino venendo rielaborate dall’ambiente.
Chi percorre la via ferrata può trarre spunto dalle immagini estratte a colpi di pennello per immaginarne altre, emergenti dalle pieghe e dalle fessure della roccia o stagliate contro il cielo nei profili delle creste.
Il sistema ambientale del Monte Carmo

La Provincia di Savona con la collaborazione della Comunità Montana Pollupice e dei Comuni di: Boissano, Borgio Verezzi, Giustenice, Loano, Magliolo, Pietra Ligure, Toirano, Tovo San Giacomo si fa carico di istituire tramite un piano territoriale integrato il sistema ambientale del monte Carmo in quanto questo territorio ha, tra gli altri, notevoli aspetti dal punto di vista naturalistico, storico, culturale ed artistico.

Al fine di mettere in opera azioni intese a valorizzare e tutelare il comprensorio, intende ampliare e rafforzare tutte le sue potenzialità in funzione della loro conservazione e fruibilità sotto il profilo naturalistico- ambientale, culturale, turistico e faunistico.

Fonti: http://www.comune.magliolo.sv.it

Spotorno-Colla San Giacomo-Finale Ligure-Le Manie Spotorno

Partenza e arrivo a Spotorno, piazza Napoleone. quindi Magnone, rocche Bianche, foresta e Colla San Giacomo. sempre in salita, fino ad imbroccare discese non sempre ben tracciate che ci conducono a Finale. Attraversata la città, si risale verso le manie. Per chi ne “ha ancora” è possibile girare nei fantastici sentieri delle Manie. noi siamo scesi a Noli per poi tornare a Spotorno.

Come arrivare al punto di partenza

spotorno, piazza napoleone, vicino alla rotatoria che collega centro-autostrada-aurelia

Cartina


Tempo Percorrenza: 5 ore circa

Distanza: 57.0 km

Dislivello: 1377

Difficoltà tecnica: medio-difficile

Condizione fisica: duro

Fonte: https://itinerari.mtb-mag.com